Il Centro Astalli ha presentato lo scorso 20 aprile il suo Rapporto Annuale 2021 nel corso di un evento online sul canale YouTube dell’organizzazione a cui sono intervenuti l’On. David Sassoli, presidente Parlamento Europeo, e S. Em. Cardinal Luis Antonio Tagle, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli. P. Camillo Ripamonti, presidente Centro Astalli, ha presentato i dati del rapporto. È stato inoltre possibile ascoltare le testimonianze di p. Stanko Perica, direttore JRS Europa Sud Est, dai Balcani e di Umba Mpemba, rifugiata congolese in Italia.
Riportiamo qui una sintesi di questo Rapporto che può essere consultato nella sua completezza accedendo al sito del Centro Astalli.
Rapporto Annuale 2021
Alcune sottolineature
L’emergenza sanitaria si abbatte sulle vite precarie dei rifugiati
Il 2020, l’anno segnato dallo scoppio della pandemia da Covid-19, dal lockdown e dalle misure restrittive per arginare la diffusione dei contagi, ha registrato un aumento degli arrivi via mare di migranti in Italia (34mila), dopo due anni di diminuzione (23mila nel 2018 e 11mila nel 2019). Per molti migranti forzati la pandemia non è quindi il peggiore dei mali da affrontare. Violenze, dittature, profonde ingiustizie sociali ed economiche costringono quasi 80 milioni di persone nel mondo a mettersi in cammino verso un paese sicuro. Allo stesso tempo però sono diminuite le richieste d’asilo in Italia: 28mila (contro le 43.783 del 2019). Nonostante numeri decisamente bassi di arrivi rispetto al recente passato, il sistema di protezione fatica a rispondere efficacemente ai bisogni delle persone approdate nel 2020 o già presenti sul territorio. In un anno di accompagnamento dei migranti forzati, complice la pandemia, il Centro Astalli ha registrato un aumento degli ostacoli frapposti all’ottenimento di una protezione effettiva, un intensificarsi del disagio sociale e della marginalizzazione dei rifugiati.
Molte situazioni, già in equilibrio instabile, si sono trasformate in condizioni di grave povertà.
Persone rese fragili da viaggi spesso drammatici che durano mesi o anni, si scontrano con normative e prassi dei singoli uffici non di rado discriminatorie, rendendo spesso le questioni burocratica un potenziale vicolo cieco. Non pochi davanti all’ennesima difficoltà rinunciano a far valere i loro diritti, convinti di non avere alcuna possibilità di vederli riconosciuti. La richiesta di servizi di bassa soglia (mensa, docce, pacchi alimentari, medicine) è forte su tutti i territori: si calcolano 3.500 utenti alla mensa di Roma (tra cui 2.198 richiedenti o titolari di protezione) di questi più del 30% è senza dimora, in stato di grave bisogno e tra loro, per la prima volta dopo molti anni, hanno chiesto aiuto anche italiani. Più di 2.600 utenti si sono rivolti al centro diurno a Palermo. A Trento si è avuta la necessità di trasformare un dormitorio notturno per l’emergenza freddo in un servizio di accoglienza di bassa soglia con uno sportello di assistenza dedicato ai richiedenti asilo senza dimora. A Bologna è stato dato in gestione al Centro Astalli uno spazio in cui realizzare un dormitorio per richiedenti e rifugiati.
L’emergenza dimenticata: dove sono i migranti che non riescono a raggiungere l’Europa?
I primi esclusi dalla protezione internazionale sono gli sfollati interni che rimangono bloccati nei confini degli Stati da cui scappano, sempre più invisibili, non riescono a raggiungere un Paese sicuro, in cui chiedere protezione. L’aver bloccato gli ingressi a causa della pandemia (durante il primo picco, 90 Paesi hanno chiuso completamente le frontiere anche ai richiedenti asilo), la mancanza di azioni di soccorso e ricerca nel Mediterraneo centrale da parte di governi e Unione europea, l’aver fortemente limitato le azioni delle ONG, finanziando invece attività di ricerca e respingimento da parte della guardia costiera libica, non ha bloccato i flussi irregolari di migranti ma ne ha reso solo meno visibili le conseguenze. Nel 2020 sono stati oltre 11.000 i migranti soccorsi o intercettati nel Mediterraneo, riportati in Libia e lì detenuti in condizioni che le Nazioni Unite definiscono inaccettabili. A questi si aggiungono le oltre 1.400 vittime accertate di naufragi nel corso del 2020. Anche quest’anno molte delle persone che si sono rivolte al centro SaMiFo (Salute Migranti Forzati) sono state vittime di gravi violenze in Libia. Riferiscono di essere state torturate, ma anche di aver subito percosse e abusi indiscriminati. Nel 2020 il SaMiFo si è trovato a certificare inoltre le violenze inferte nei Balcani dalle forze di polizia e quelle causate dai respingimenti alla frontiera tra Italia e Slovenia. Gli sforzi per impedire l’accesso dei rifugiati al territorio e le loro condizioni una volta giunti in Europa sono oggetto di un monitoraggio continuo da parte del JRS Europa. In particolare nel 2020 il Centro Astalli ha collaborato alla redazione di due report sulle condizioni dei migranti nella pandemia, nell’ambito di un progetto con l’Epim (European Programme for Integration and Migration): l’European Monitoring Detention e l’Impact of Covid on Reception of Asylum Seekers.
L’accoglienza dei rifugiati: i tempi si allungano le risposte si fanno più complesse
Accompagnare i migranti forzati in un contesto di per sé già non facile e aggravato dalla pandemia ha rappresentato una sfida che nel 2020 si è fatta più complessa. A partire dal permesso di soggiorno, molte delle persone che abbiamo incontrato ci hanno manifestato la difficoltà di ottenerlo o rinnovarlo (per mancanza di requisiti tra i quali spicca l’iscrizione anagrafica). L’abolizione della protezione umanitaria (che veniva riconosciuta a molti richiedenti con vulnerabilità sanitarie o sociali), si aggiunge a criticità e difficoltà pregresse. Più in generale il moltiplicarsi di ostacoli burocratici, uniti alla situazione di emergenza ingenerata dalla pandemia con molti uffici chiusi al pubblico, il rallentamento dell’attività delle commissioni territoriali e delle procedure di ricorso, la digitalizzazione di molti servizi, hanno finito per escludere un numero crescente di migranti dall’accoglienza e dai servizi territoriali aumentandone incertezza e disorientamento. Quanto all’accoglienza le realtà della Rete territoriale nel 2020 hanno dato ospitalità complessivamente a 882 persone (soprattutto in convenzione Siproimi/SAI), secondo un modello di intervento che mette al centro la promozione della persona e che costruisce integrazione da subito. Il nuovo decreto immigrazione convertito in legge a dicembre 2020 pur allontanando la logica di un sistema di accoglienza pubblico che rimanda le opportunità di inclusione a una “seconda fase” accessibile a pochi rimane ancora largamente insoddisfacente per numeri di posti messi a disposizione sul territorio nazionale e di Comuni che aderiscono alla rete di accoglienza del Ministero dell’Interno. Le conseguenze dei decreti sicurezza sono ancora ben visibili. Il 36% delle persone che si sono rivolte all’ambulatorio del Centro Astalli Palermo non risultava iscritta al Servizio Sanitario Nazionale: nella maggior parte dei casi si tratta di migranti che vivono in Italia da tempo, ma che per difficoltà relative alla residenza o al titolo di soggiorno non sono riusciti ad accedere o hanno perso l’accesso all’assistenza sanitaria pubblica. In tale contesto diventa più difficile motivare le persone a investire tempo in percorsi di integrazione: molte hanno fretta di trovare un’occupazione qualsiasi (anche in nero o sottopagata), per non rischiare di perdere il permesso di soggiorno. Questa situazione andrà rapidamente a scapito della qualità del loro futuro in Italia e priverà la società italiana del contributo che persone giovani e motivate potrebbero dare alla società.
Aumenta la vulnerabilità ma l’emersione è sempre più difficile
Se per un singolo il percorso verso l’autonomia è difficile, la pandemia ha messo a dura prova soprattutto le famiglie rifugiate. Particolarmente critica è la situazione dei nuclei numerosi e di quelli monoparentali. La permanenza all’interno dei centri resta lunga (almeno 12 mesi), ma anche dopo l’uscita la precarietà continua ad accompagnare queste famiglie, che non possono contare su reti di sostegno informali, parentali o amicali. Nel 2020 il servizio di accompagnamento all’autonomia ha sostenuto 178 madri sole (il 54% del totale). La pandemia ha portato in molti casi un serio aggravio della loro condizione di fragilità e isolamento. Un altro punto delicato sono le persone vittime di tortura, violenza intenzionale o abusi sessuali che nel corso dell’anno sono state accompagnate dal Centro Astalli attraverso l’azione coordinata del servizio medico e dello sportello legale. Il compito più difficile resta l’emersione della vulnerabilità. Il disagio di queste persone è spesso silenzioso e rischia di essere sottovalutato o ignorato del tutto. Anche su questo punto i decreti sicurezza hanno avuto delle conseguenze. I tagli imposti dai decreti sicurezza a molti servizi di ascolto e sostegno sociale nelle strutture di accoglienza straordinaria hanno ostacolato l’emersione e la presa in carico tempestiva delle persone con vulnerabilità ritardandola fino all’arrivo nei centri SAI. Un supporto costante è necessario per i minori stranieri non accompagnati che intraprendono da soli viaggi lunghi e rischiosi e sono a volte incapaci di affrontare la lontananza dalla famiglia di origine. Il Centro Astalli Catania si fa carico di bisogni materiali e di offrire sostegno e vicinanza a tanti minori stranieri non accompagnati in detenzione, cercando di costruire le basi per un futuro di riscatto e inserimento in Italia.
Integrazione: nell’emergenza non si smette di costruire
Il Centro Astalli continua a ritenere che investire nell’integrazione sia una priorità. Molti servizi sono stati impegnati a far sì che all’emergenza si rispondesse con soluzioni progettuali che guardassero al futuro dei rifugiati e non solo al qui e ora. Nel 2020 a Roma sono state sostenute dallo Spazio Inclusione e dal Servizio di accompagnamento all’autonomia oltre 600 persone, il 30% in più rispetto al 2019. Anche a Trento lo sportello lavoro ha registrato un aumento di oltre il 30% del numero degli interventi effettuati. Sono stati inseriti 83 beneficiari nelle comunità di ospitalità che il Centro Astalli gestisce a Roma in collaborazione con 30 congregazioni religiose. La perdita del lavoro ha colpito duramente anche i rifugiati che da anni vivono in Italia in totale autonomia. Molti, impiegati nella ristorazione o nel settore alberghiero, settori in cui tradizionalmente c’è molta richiesta, sono rimasti senza occupazione ed esclusi dall’accesso agli ammortizzatori sociali. I progetti realizzati dal Centro Astalli nel corso del 2020 sono stati in buona parte centrati sul potenziamento dei servizi e delle attività finalizzate all’inclusione sociale, in particolare per i migranti forzati che si trovano in condizione di vulnerabilità. Un’attenzione costante è stata data al sostegno di percorsi di inclusione avviati e che hanno seriamente rischiato di interrompersi a causa della pandemia: molti i rifugiati tornati dopo anni al Centro Astalli preoccupati riguardo l’impossibilità di pagare bollette e mensilità di affitto o addirittura di provvedere al mantenimento e alla scuola dei figli. A novembre 2020 è stato presentato dalla Commissione europea il Piano d’azione per l’integrazione e l’inclusione 2021-2027, che prevede che i Governi usino il bilancio Ue per integrare i migranti con tutti gli strumenti a disposizione dei vari fondi, ivi inclusi quelli della politica di coesione. Molta strada resta ancora da fare in Italia per un piano di integrazione che sia strutturale e prescinda dai cambi di Governo. In questi anni infatti interventi sporadici e mancanza di una visione di lungo termine hanno penalizzato molti degli sforzi che le organizzazioni del terzo settore fanno nella progettazione e nella realizzazione di percorsi di inclusione sociale innovativi e che spesso diventano buone prassi da replicare. Anche sul piano dell’advocacy l’integrazione è impegno prioritario del Centro Astalli: con la campagna nazionale Ero straniero – L’umanità che fa bene, chiediamo al Parlamento una nuova legge sull’immigrazione in Italia.
Riconoscersi comunità solidale: ce lo insegna la pandemia
Per spezzare il circolo vizioso di divisioni e discriminazione che sembrano diffondersi con la pandemia, crediamo sia importante investire nel patrimonio sociale delle nostre comunità, valorizzando le diversità che le possono rendere più ricche e forti. In tutte le realtà della Rete territoriale del Centro Astalli ci si sforza di costruire ogni giorno spazi di cittadinanza e giustizia, cercando soluzioni che vengano incontro alle esigenze dei rifugiati e della società che li accoglie. A Palermo il servizio di mensa e la distribuzione mensile del pacco alimentare è stato aperto anche a cittadini italiani in condizioni di indigenza e si è consolidata la rete con le realtà del territorio per il rafforzamento delle competenze professionali di un gruppo di giovani palermitani, a prescindere dalla loro nazionalità; a Trento 4 studenti universitari italiani fuori sede hanno iniziato un’esperienza di convivenza con 10 richiedenti asilo ospiti in una struttura dei padri comboniani. Anche a Roma nel 2020 è iniziato un co-housing di 5 studenti universitari: 3 rifugiati e 2 italiani. Nei progetti di sensibilizzazione del Centro Astalli in circa 200 istituti scolastici di 15 città italiane sono stati coinvolti circa 15.000 studenti per la gran parte raggiunti con la Didattica a Distanza che ha richiesto un impegno creativo da parte di volontari e rifugiati nel ripensare le modalità di comunicazione e interazione con studenti e insegnanti. La costruzione di comunità è un percorso da pensare e realizzare insieme, puntando specialmente sul protagonismo dei più giovani, italiani e migranti. Siamo sostenuti in questo impegno dalla collaborazione convinta ed indispensabile di oltre 400 volontari: italiani, stranieri,seconde e terze generazioni di migranti in Italia e anche rifugiati, che desiderano impegnarsi per una società più aperta e più giusta. In questa direzione ci sembra significativa nella crisi creata dalla pandemia l’apertura di un nuovo Centro Astalli a Bologna. La società civile vuole essere protagonista di un cambiamento che non può più aspettare. Abbiamo sperimentato la forza di un patto generazionale: tanti giovani si sono offerti di fare servizio volontario anche nei periodi più duri, per permettere così ai volontari più anziani di rimanere a casa. Chiudiamo il rapporto con questo dato che pensiamo possa essere l’inizio di una nuova idea di comunità inclusiva, solidale, fraterna. Ce lo meritiamo tutti: rifugiati e non.