Articolo di Eleana Elefante su Melting Pot

Nonostante il freddo, le avverse condizioni meteo-marine e la pandemia, i flussi migratori che solcano le acque del Mediterraneo centrale non si fermano, come a voler spezzare quell’ormai insostenibile confine liquido che scandisce e determina le sorti di chi le attraversa.
Sin dalle prime luci dell’alba di questo nuovo anno, decine di imbarcazioni sono partire dalla Libia e dalla Tunisia per raggiungere l’Italia.

Nel mese di gennaio, 981 persone ce l’hanno fatta, contro 469 respinti, 12 corpi restituiti dal mare e 67 dispersi. Il bilancio, nonostante tutto, è paritetico agli arrivi dello scorso anno.

Le partenze si sono per lo più registrate nei primi e negli ultimi giorni del mese, in cui gli esodi si sono freneticamente succeduti registrando 493 arrivi fra il 24 ed il 26 gennaio.

Di seguito la ricostruzione cronologica, di quanto avvenuto durante il corso del mese appena concluso nel Mediterraneo centrale, in comparazione con i dati emessi dal Ministero dell’Interno aggiornati al 30/01/2021:

• Tra il 31 dicembre e il 2 gennaio, oltre 340 persone hanno tentato di fuggire dalla Libia. Open Arms, nella sua 79°missione, ne ha salvato, in 2 operazioni di soccorso, 266 persone (169+97), avvistati a 80 miglia nautiche a nord di Zawiya, Libia. Il ritratto di un neonato sotto coperta che, sorride e gioca accanto ai suoi giovani genitori, ripagherà l’equipaggio e tutti gli operatori delle ansie patite in quelle gelide e concitate ore. Il 4 gennaio, il Viminale concederà loro il trasbordo su nave quarantena Rhapsody a Porto Empedocle;

• Tra il 3 e il 4 Gennaio, oltre 160 migranti, partiti dalla Libia, sono stati intercettati e rimpatriati dalla cosiddetta Guardia Costiera libica. Molti di loro non sopravvivranno al respingimento: almeno 8 persone risultano disperse in mare ma, è presumibile che le vittime, in assenza di una segnalazione di scomparsa, siano molte di più;

• Il 7, il 9 e l’11 Gennaio, il Viminale registra rispettivamente 7, 15 e 53 sbarchi autonomi a Lampedusa in condizioni meteo proibitive. Sul primo caso vi è però, ad oggi, ancora un grande dubbio dato da una piccola imbarcazione con a bordo 6 giovani ragazzi tunisini, partita il 6 gennaio dal porto di Sfax. Questa risulta essere ad oggi dispersa. L’ultimo contatto avuto da un familiare con il telefono cellulare di uno dei naufraghi risale all’8 gennaio. Dopo ripetuti tentativi, il ricevitore, forse inavvertitamente, si è aperto ma, dall’altra parte non si è percepita alcuna voce, solo il suono delle onde del mare per 30 secondi circa. Il telefono ha dunque agganciato una cella telefonica e quindi la terraferma non poteva essere più lontana di tre miglia ma, di loro, nessuna traccia. Il giorno successivo, sabato 9 gennaio, nell’area antistante Lampedusa, si aprirà un’intensa attività di ricerca che, purtroppo, non porterà ad alcun esito. L’11 gennaio, sempre in Tunisia, verrà intercettata da una unità della Marina, un’imbarcazione a 45 km a nord-ovest di Mahdia. Un bambino perderà la vita mentre, 49 persone, 4 di nazionalità tunisina ed i restanti sub-sahariani, verranno tratti in salvo;

• Il 19 gennaioAlarm Phone riceve una segnalazione da un gruppo di persone in difficoltà su un gommone che imbarcava acqua e partito da Zuwara, Libia. La barca, con 53 persone a bordo, si capovolgerà. 10 naufraghi si salveranno mentre gli altri 43 risulteranno dispersi. Abdul Wahab, sudanese, è una delle 43 vittime. Cercava di fuggire dall’inferno libico per ricongiungersi alla sua famiglia, residente in Inghilterra. Un’altra delle vittime identificate è il giovane Souleymane. Proveniva dalla Guinea ed aveva solo 18 anni. In Libia ha vissuto gli ultimi 3 anni della sua amara esistenza ed era al suo quarto tentativo di attraversare il Mediterraneo per raggiungere l’Europa. A marzo, Souleymane aveva raccontato, con evidente sofferenza, a Info Migrants la sua storia, descrivendo le condizioni di vita in Libia, la detenzione, le torture e gli abusi subiti nei lager di Tajourah e Zuwara. All’alba di martedì 19 gennaio, Souleymane è salito su una piccola imbarcazione, per provare ancora una volta a raggiungere l’Europa. Poche ore dopo la partenza, il mare grosso ha capovolto la barca. Souleymane è caduto in acqua, non sapeva nuotare. Il suo amico Moussa, sopravvissuto e a bordo con lui, lo ha riportato su ma, poco dopo, una seconda onda l’ha nuovamente colpito. Souleymane si è aggrappato a una delle boe sul bordo del gommone e ha detto: “Sono stanco, non riesco più a resistere“. Furono le sue ultime parole. Pochi secondi dopo, il suo corpo è scivolato in acqua per non tornare più in superficie.

• Il 20 gennaio, si registrano due sbarchi autonomi a Lampedusa provenienti dalla Tunisia. Sulla prima imbarcazione partita da Chebba, viaggiavano 17 uomini ed una donna. Fra loro 6 persone con disabilità uditive. Sulla seconda imbarcazione, partita da Zarzis, viaggiavano altre 12 persone, 4 con le stesse disabilità dei precedenti. Nel mentre, a Tripoli, si perpetrava un altro push-backMoonbird, l’aereo della Ong Sea Watchha documentato il respingimento del natante da parte della cosiddetta Guardia Costiera libica. Verranno rimpatriati 48 migranti. Fra loro 11 bambini ed una donna.

• Il 21 gennaio, Alarm Phone viene allertato da un altro sovraffollato gommone a 36 miglia nautiche dalla costa libica. A bordo 120 persone. La Ocean Viking di SOS Mediterranee riuscirà a salvarli tutti.

• Il 22 gennaio, altre 2 imbarcazioni con a bordo rispettivamente 70 persone, sono a rischio naufragio nelle acque antistanti la Libia. Alle prime luci del giorno, Ocean Viking, riuscirà a salvare tutte le 140 persone. Fra loro molte donne e bambini.
Nelle stesse ore, Moonbird, ha documentato un altro respingimento da parte della cosiddetta Guardia Costiera libica, stavolta di 82 persone nella zona di Garabouli. I migranti sopravvissuti, riferiranno che almeno 17 persone hanno perso la vita durante il viaggio.

• Il 23 gennaio, la Ocean Viking, nella sua quarta operazione in poco meno di 72h, soccorre altre 106 persone, su un gommone con il motore in avaria, in acque internazionali, a circa 28 miglia nautiche dalla costa libica. La maggior parte di loro risulterà intossicata dai fumi del carburante.
La nave della Ong SOS Mediterranee, con a bordo 374 persone fra cui 21 neonati, 35 bambini, 131 minori non accompagnati e 2 donne incinte (una delle quali, all’ottavo mese di gravidanza, evacuata in elicottero, per complicanze, poche ore dopo il salvataggio), riceverà l’autorizzazione ad attraccare nel Porto di Augusta il 25 gennaio.

• Il 24 e il 25 gennaio, partono altre 4 imbarcazioni dalla Libia. La prima con a bordo 145 persone partite da Garabouli; la seconda con 45 persone partite da Zawiya; la terza con 55 persone partite da al-Khoms; la quarta con 70 persone intercettate nei pressi della piattaforma Bouri. La prima e la terza imbarcazione (145+55) rientreranno autonomamente in Libia per via delle forti correnti marine. La quarta (70) verrà recuperata dal mercantile italiano Asso 30 e la seconda (45) verrà messa in salvo dalla Guardia Costiera italiana.

• Il 30 gennaio, altre 84 persone sbarcano autonomamente a Lampedusa. Partite dal porto di Sfax in Tunisia, su una piccola imbarcazione di legno. A bordo, molte donne e bambini.

Il Mediterraneo è diventato la rotta marittima più mortale del mondoSecondo i dati forniti dall’OIM, più di 20.000 persone sono annegate lì negli ultimi sei anni. Questi i risultati a 4 anni dall’Accordo Italia/Libia.

Dal 2017, l’Italia e l’Unione Europea forniscono una cospicua assistenza economica alla sedicente Guardia Costiera libica, finalizzata ad accrescerne la capacità di effettuare operazioni di “ricerca e soccorso” e prevenire le partenze irregolari sulla rotta del Mediterraneo centrale. In realtà, con l’aumento delle operazioni della cosiddetta Guarda Costiera libica, si è sì ridotto in parte il numero di partenze dalla Libia verso l’Italia ma, è anche aumentata notevolmente la percentuale di persone intercettate e respinte in mare, accrescendo, di conseguenza, il numero delle persone disperse e di quelle arbitrariamente detenute in carceri illegali. In buona sostanza, dal 2017, l’Italia e l’Europa finanziano un’organizzazione di miliziani che, regolarmente, violano i diritti umani dei rifugiati, dei richiedenti asilo e dei migranti.

Parallelamente, le attività di soccorso e ricerca in mare delle organizzazioni non governative, continuano ad essere assoggettate a crescenti restrizioni, causando un aumento della percentuale delle morti in mare rispetto al passato.

Alla luce di quanto sopra e delle umane tragedie solo in parte descritte, chiudiamo il primo mese dell’anno con l’auspicio, rivolto alle Autorità tutte, affinché venga applicato il principio del “Non-Refoulement” sancito dall’art. 33 della Convenzione di Ginevra, secondo il quale, a un rifugiato non può essere impedito l’ingresso sul territorio né può esso essere deportato, espulso o trasferito verso territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate.

Per effetto della giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, il divieto di refoulement si applica indipendentemente dal fatto che la persona sia stata riconosciuta rifugiata e/o dall’aver quest’ultima formalizzato o meno una domanda diretta ad ottenere tale riconoscimento.

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