Photo credit: Albergue de migrantes Hermanos en el Camino (Oaxaca, Messico)
Melting Pot pubblica nel suo numero di lunedì 15 marzo 2021 un articolo di Guido Risso (Professore ordinario di diritto costituzionale all’Università di Buenos Aires) che ci porta a conoscenza della situazione di profonda diseguaglianza socio-economica presente in America latina (la più alta al mondo) della quale poco parlano i nostri mezzi di informazione.
Così come il Continente africano è il luogo più povero del mondo, l’America Latina è la regione che registra la maggiore disuguaglianza. Chi nasce in un quartiere povero di Buenos Aires ha un’aspettativa di vita di gran lunga inferiore rispetto a chi nasce in una zona ricca della stessa città.
Si dà il caso che, nel mondo contemporaneo, la vita delle persone sia caratterizzata, dalla nascita fino alla vecchiaia, da una profonda disuguaglianza socio-economica; ciò nonostante, in America Latina questa disuguaglianza raggiunge livelli spaventosi, al punto da rompere l’ordine socio-culturale.
Secondo l’ultimo rapporto sullo sviluppo umano del 2019 realizzato dal Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (PNUD), in America Latina il 10% della popolazione più ricca concentra nelle proprie mani una quota di reddito maggiore rispetto a qualsiasi altra regione del pianeta: 37%, mentre il 40% della popolazione più povera ne detiene solo il 13%.
Un bambino che nasce a Berlino – o in qualsiasi città del nord del mondo – ha un’alta probabilità di vivere la propria vita in maniera dignitosa e di arrivare alla vecchiaia, mentre un bambino che nasce in un quartiere povero dell’America Latina, ha una probabilità su quattro di morire prima dei 40 anni d’età. Cifra che si aggrava se nasce in un “barrio de emergencia”, in una “villa miseria” o in una favela, oppure in qualsiasi città dell’America Centrale.
Il bambino di Berlino sicuramente riuscirà a frequentare una scuola con ragionevoli standard educativi; con ogni probabilità, poi, arriverà a una vecchiaia dignitosa, in cui riceverà assistenza. Il bambino nato in America Latina, invece, andrà a scuola quando sarà il suo turno di indossare le scarpe che divide con i fratelli o quando non deve uscire a guadagnarsi il cibo per vivere.
In questa situazione di povertà strutturale, di mancanza assoluta di infrastrutture, di debolezza, se non di assenza dello Stato di fronte ai poteri economici e delle imprese e di fronte all’alto tasso di violenza istituzionale, si crea un circuito migratorio, perenne e in crescita tra i vari paesi latinoamericani, verso i cosiddetti paesi del primo mondo, in particolare verso gli Stati Uniti e i paesi europei di tradizione latina.
Si stima che, in tutta la regione, circa 50 milioni di persone vivono al di fuori dei loro paesi di origine, costretti all’esilio per motivi economici. Questa cifra include tutti coloro che non sono riusciti ad attraversare il confine – ovvero che sono stati uccisi o detenuti nel tentativo di attraversarlo. Questa realtà fatta di esilio, migrazione, detenzioni e uccisioni, porta alla distruzione del progetto di vita familiare latinoamericano.
Ad esempio, gli Stati Uniti, per tutta l’estensione del loro confine con il Messico, dispongono di campi di detenzione per migranti, i quali non supererebbero il minimo test costituzionale o di diritto internazionale dei diritti umani.
Nel 2018 furono trattenute dalla Immigration and Customes Enforcement (ICE) quasi 400mila persone, tra le quali numerosi bambini, bambine e adolescenti. Nel 2019, si registrò una cifra di 2.000 bambini e bambine trattenuti al giorno dalla US Border Patrol, separati senza indugio dai loro genitori.
Chiaramente, la democrazia latinoamericana è stata sconfitta dalla disuguaglianza e non è stata in grado di garantire i diritti fondamentali di milioni di esseri umani che da tempo cercano solo di sopravvivere.
L’America Latina è fatta di sopravvissuti, lavoratori sfruttati, pensioni minime, milioni di uomini e donne che fuggono dalla fame, schiere di disoccupati, violenza istituzionale, sistemi giudiziari indifferenti e un apparato burocratico scandaloso. Inoltre, va sottolineato che tutto questo accade davanti a scaffali pieni di trattati, convenzioni e documenti internazionali in materia di diritti umani e sotto lo sguardo incapace dei rispettivi organi giurisdizionali posti a supervisione.
Purtroppo, in questa regione, il diritto internazionale dei diritti umani e la sua corrispondente ingegneria di corti e commissioni incaricate di vegliare sulla promozione e il rispetto dei relativi apparati normativi, si sono trasformati in burocrazia allo stato puro, senza alcun impatto sulla realtà.
Di conseguenza, sono i governi che costringono, continuamente, alla migrazione e all’esilio, essendo sempre meno capaci di evitare il declino economico delle proprie città, dei lavoratori, degli studenti, dei giovani; governi che non sono capaci di assicurare una vecchiaia dignitosa ai propri cittadini, che non riescono a controllare la concentrazione della ricchezza, del capitale e dell’informazione, e che non riescono a risolvere la piaga della criminalità organizzata, del narcotraffico, della tratta delle persone, della cybercriminalità e dell’inquinamento ambientale, fenomeni in crescita, davanti alla freddezza delle istituzioni e sotto gli occhi di tutti.
In un contesto come questo i governi sono i principali responsabili delle terribili crisi migratorie di cui soffre l’America Latina e si sono rivelati, agli occhi dei più, come delle vere e proprie strutture obsolete, un insieme di istituzioni inutili e pratiche politiche che non risolvono i reali problemi delle persone.
La conseguenza di questo fenomeno è che le forme politiche di rappresentanza e governo tradizionali, non solo non possono più contare sulla fiducia del popolo, ma addirittura la maggior parte delle persone le considerano parte integrante dei loro problemi e perciò decidono di migrare dai rispettivi paesi.
La democrazia latinoamericana soffre un tale deficit di fiducia che difficilmente un’iniziativa che provenga dall’attuale sistema potrà risolvere questi problemi, dato che lo schema istituzionale vigente in America Latina non fa altro che peggiorare, giorno dopo giorno, progressivamente, la qualità della vita delle persone e causare sempre più flussi migratori.