Per la 107ª Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, che sarà celebrata il prossimo 26 settembre, il tema scelto da Francesco è: “Verso un noi sempre più grande”. Da Papa Francesco viene l’invito a pensare sempre di più al plurale poiché il futuro delle nostre società sarà a colori e pertanto non bisogna cedere ai nazionalismi chiusi e aggressivi e tanto meno all’individualismo radicale. Riccardo Maccioni ci riferisce di questo messaggio del Papa in un articolo pubblicato da Avvenire giovedì 6 maggio 2021.

 

Il futuro delle nostre società è “a colori”, «arricchito dalle diversità e dalle relazioni interculturali». Una sfida che è anche un invito alla Chiesa perché diventi sempre più cattolica, cioè universale. Sono due dei passaggi più significativi del Messaggio del Papa per la 107ª Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, che sarà celebrata il prossimo 26 settembre. Il tema scelto da Francesco è: “Verso un noi sempre più grande”, che richiama al bisogno di pensare e ragionare al plurale, nella consapevolezza che abbiamo tutti bisogno degli altri, che nessuno si salva da solo. Una lezione imparata una volta di più durante la pandemia, nei confronti della quale, ribadisce il Pontefice, «la peggiore reazione sarebbe quella di cadere ancora maggiormente in un febbrile consumismo e in nuove forme di autoprotezione egoistica».

Il rischio infatti è quello di cedere ai «nazionalismi chiusi e aggressivi e all’individualismo radicale che «sgretolano o dividono il noi, tanto nel mondo quanto all’interno della Chiesa». Una condizione in cui «il prezzo più alto lo pagano coloro che più facilmente possono diventare gli altri: gli stranieri, i migranti, gli emarginati, che abitano le periferie esistenziali».

Si tratta invece di sovvertire questa logica, di impegnarci «perché non ci siano più muri che ci separano, non ci siano più gli altri, ma solo un noi, grande come l’intera umanità». E in primo piano in questo servizio ci deve essere la Chiesa chiamata a essere sempre più cattolica.

«Nell’incontro con la diversità degli stranieri, dei migranti, dei rifugiati, e nel dialogo interculturale che ne può scaturire – scrive il Papa – ci è data l’opportunità di crescere come Chiesa, di arricchirci mutuamente. In effetti, dovunque si trovi, ogni battezzato è a pieno diritto membro della comunità ecclesiale locale, membro dell’unica Chiesa, abitante nell’unica casa, componente dell’unica famiglia». Ma questa cultura dell’accoglienza e del rispetto vicendevole, non può limitarsi alla comunità dei credenti, va estesa all’umanità intera.

L’appello, allora, è «a camminare insieme verso un noi sempre più grande, a ricomporre la famiglia umana, per costruire assieme il nostro futuro di giustizia e di pace, assicurando che nessuno rimanga escluso». Un abbraccio che non può dimenticare la tutela della casa comune, impiegando bene i doni «che il Signore ci ha affidato per conservare e rendere ancora più bella la sua creazione». Uomini e donne, in ogni parte del mondo, conclude il Papa, siamo chiamati a sognare e a farlo insieme. «Come un’unica umanità, come compagni dello stesso viaggio, come figli e figlie di questa stessa terra che è la nostra casa comune, tutti sorelle e fratelli».

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