di Alberto Gaino

La vendemmia sulle colline delle Langhe, quelle da cui si ricava il vino più prezioso, Barolo e Barbaresco, e ogni filare d’uva è diventato un investimento per chi è già ricco, ha un retrogusto assai amaro: quello del caporalato travestito da cooperative che raccoglie i braccianti a  giornata intorno alla stazione ferroviaria di Alba o davanti al suo cimitero e li scarica ogni sera. Maliani, gambiani, nigeriani …. sono i nuovi pendolari dello sfruttamento umano fra Torino e le colline dell’Albese. Lo ha raccontato in un bel reportage per la Gazzetta di Alba (del 25 settembre scorso) la giornalista Francesca Pinaffo denunciando il radicamento del fenomeno che nega i diritti più elementari ai lavoratori più vulnerabili: 5/6 euro l’ora in nero, cui vanno sottratti i costi arbitrari (perché stabiliti dalle imprese che si appoggiano alle coop) di cibo e persino dell’acqua per dissetarsi durante la raccolta dell’uva per 10 e anche più ore al giorno. Il 70/80 per cento della manodopera “subisce” questo trattamento. L’arresto di due caporali di origine macedone, a marzo, è stato archiviato evidentemente come un incidente di percorso da un’organizzazione del lavoro che ricalca quella della raccolta della frutta nel vicino Saluzzese. La principale differenza: gli sfruttati della vendemmia si spostano per lo più in giornata da Torino e non danno tanto nell’occhio.

Ma c’è chi si oppone allo sfruttamento

Il Comune di Alba ha costituito un tavolo di confronto con la Caritas locale (che fornisce pasti e altri servizi essenziali nella sede di via Pola), la Comunità Laudato si’, Anolf-Cisl (Associazione immigrati oltre le frontiere), Italia Nostra e altre associazioni del territorio. Il primo obiettivo è stato quello di mettere a fuoco la piaga dello sfruttamento: “Le coop senza terra”, ha evidenziato in un’intervista alla Gazzetta di Alba (ripresa dalla newsletter del Corriere della Sera) Walter Boffa, di Laudato si’, costituite da mecedoni che, per aver lavorato in passato sulle colline delle Langhe si sono procurati il know out “aziendale”: rapporti collaudati con numerosi proprietari di vigne nelle Langhe e nel Roero.

Sono queste coop, ormai da alcune stagioni, a portare su quelle colline manodopera sempre più africana a cui il gruppo di associazioni del “tavolo di confronto” avrebbe voluto dar voce al recente Forum mondiale dell’enoturismo. “Non ci è stata data la possibilità” ha ricordato Boffa “di parlare nel segno di una produzione sostenibile anche nel rispetto delle persone coinvolte”.

Tuttavia c’è stato chi ha raccolto l’invito del “Tavolo di confronto”: la Gazzetta di Alba ha raccontato il caso di Michele Fiori. L’agricoltore si è rivolto al Comune di Alba per informazioni, poi ha assunto un gruppo di braccianti e li ha messi  in regola con le normative del settore: 7,5 euro l’ora, 10  extra al giorno per le mansioni più impegnative, cibo e acqua gratis. Dovrebbe essere la normalità del lavoro anche su queste colline. Per ora le storie di Fiori e altri agricoltori come lui sono un esempio da valorizzare.

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