Dopo la novena di preparazione per la festa del Beato Geremia da Valacchia e la celebrazione della stessa mercoledì 8 maggio, dopo i tre giorni del Triduo e la solenne processione serale, la comunità cattolica rumena di Torino ha festeggiato il suo Beato Patrono domenica 12 maggio.
Una festa molto attesa, una festa che quest’anno abbiamo voluto un po’ più speciale per poter rendere la nostra testimonianza di fede in un modo nuovo, ma pur sempre antico: perché la modalità in cui abbiamo festeggiato affonda le sue radici in ciò che abbiamo imparato a casa, in quell’eredità che abbiamo ricevuto in seno alle famiglie e alle comunità che ci hanno visto crescere.
Abbiamo voluto quindi onorare il nome della nostra comunità, perché, come ci insegna il Libro della Genesi, quando Dio creò il mondo, diede nome a tutte le cose e agli esseri viventi. Ecco perché si è sempre ritenuto che il nome ci definisse. Un nome quindi che ci definisce anche come comunità, con un orgoglio “non altezzoso, ma d’onore”, con il desiderio di essere come il nostro Patrono che, durante i tre giorni del Triduo, abbiamo imparato a conoscere meglio, aiutati dalla catechesi di don Ottaviano Enache.
Ci ha aiutato in questo senso anche la presenza della statua del Beato Geremia, consacrata a fine aprile da monsignor Roberto Repole, arcivescovo di Torino e Susa, che ci ha accolto ogni giorno in chiesa, statua che è stata portata sabato sera per le strade adiacenti alla Chiesa Madonna del Carmine in una processione che ha piacevolmente sorpreso i passanti, essendo la prima volta che la nostra comunità si presenta alla città di Torino in questo modo. La banda musicale di San Carlo Canavese e il Gruppo Folclorico Carpatica hanno affiancato i concelebranti, il parroco don Iulian Herciu, don Octavian Enache, il diacono permanente Octavian Matei e tutta la comunità rumena presente.

La celebrazione solenne della Santa Messa di domenica ha visto riunirsi, sotto lo sguardo dolce e protettivo del Beato Geremia, i cattolici romeni della diaspora insediatisi a Torino e nei dintorni, ma che continuano a credere, pregare e cantare nella lingua natale. La Santa Messa è stata concelebrata dal parroco Iulian Herciu, da don Octavian Enache, dai diaconi permanenti Francisc Benedic e Iosif Mihaies e da don Paul Nde, responsabile della cappellania francofona a Torino.
Abbiamo avuto ancora una volta l’onore e la gioia di avere con noi il vicesindaco della Città di Torino, la Sig.ra Michela Favaro, nonché il responsabile dell’Ufficio Pastorale Migranti, Sig. Sergio Durando.
Siamo stati onorati e grati della presenza del Console Cosmin Dumitrescu, che ha avuto la gentilezza di restare con noi per buona parte della domenica, segno di una continuità che va oltre i confini del Paese o della religione che professiamo.
Il colore dei costumi nazionali dalle diverse zone della Romania, la presenza del Gruppo Folclorico Carpatica, la presentazione dei doni al momento dell’Offertorio, la benedizione delle piante medicinali, la maestosità ma anche dolcezza dei canti eseguiti dal coro guidato del Sig. Ionel Jitaru Sel, gli interventi degli ospiti, sono stati parti della celebrazione della Santa Messa, momenti belli, speciali, ma che non possono superare il vero motivo della nostra presenza nella Chiesa: quello di mettere in pratica il Vangelo, che sabato sera ha proclamato: «Voi siete il sale della terra» (Mt 5,13- 16). Il Beato Geremia ci ha dato questo esempio: ci ha anticipato, è stato in qualche modo un nostro precursore, di coloro che oggi siamo lontani dalle terre natali: è emigrato molto prima di noi, qui in
Italia, dove sperava di incontrare “tanti santi”; è stato lui stesso “sale della terra”, dedicando la sua vita affinché il prossimo “stesse bene”.

Nella domenica in cui in Italia si è celebrata la Festa della Mamma (ringraziamo la vicesindaca per le bellissime parole che ha rivolto alla nostra comunità, in modo speciale alle donne e alle mamme), abbiamo guardato con fiducia alla Madre celeste, “Mammarella nostra”, come la chiamava in dialetto napoletano Beato Geremia, perché ci aiutasse a diventare “sale della terra” nelle proprie famiglie, al posto di lavoro, nelle scuole, nella comunità, per chi ci è vicino, ma soprattutto per chi ha più bisogno della nostra presenza e del nostro aiuto. Il Beato Geremia da Valachia diceva: “Ai poveri si deve dare sempre per limosina ciò che piace e non quello che dispiace, dare il meglio delle cose”. E se qualcuno si lamentava di questa continua prodigalità, diceva: “L’avarizia porta la carestia”.


Ringraziando il buon Dio per questi giorni pieni di grazia, preghiamo per coloro che hanno lavorato affinché questi giorni diventassero realtà.
Tatiana Ghiurca

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