Alberto Perduca ha letto per noi il volume, recentemente edito da Edizioni San Paolo, di Roberto Morozzo della Rocca dal titolo Corridoi umanitari. Una risposta a una crisi planetaria. In un tempo di messaggi allarmanti, di provvedimenti muscolosi e continue chiusure nei confronti delle persone migranti, ecco tre buone ragioni per cui dedicarsi alla sua lettura.

Il rumore mediatico sulla migrazione come crescente emergenza accresce di intensità come pure sempre più palese si manifesta il favore governativo verso iniziative che rendano il nostro Paese difficile – se non ostile – per quella moltitudine di persone che vengono spinte a lasciare i loro Paesi da conflitti, persecuzioni, degradi climatici, povertà e condizioni di vita non dignitose. Proprio in questo tempo di messaggi allarmanti nonché di provvedimenti tanto muscolosi quanto poco lungimiranti, appare fresco di stampa Corridoi umanitari di Roberto Morozzo della Rocca (Edizioni San Paolo, 2023,pag.198). Vi sono almeno tre buoni ragioni per dedicarsi alla sua lettura.

La prima è perché il libro aiuta a comprendere, agevolmente ma a fondo, il paradosso europeo – ed anche italiano – a fronte di un fenomeno migratorio che nel 2022, secondo le stime ONU, ha interessato almeno 102 milioni di persone. Da un lato infatti l’Unione europea è l’organizzazione regionale di Stati che più si distingue al mondo per l’apertura alla protezione internazionale. Più precisamente la tutela che può venire accordata ai migranti si fonda su tre tipi di misura a intensità decrescente: l’asilo per colui al quale viene riconosciuto lo status di rifugiato; la protezione sussidiaria per chi è esposto al rischio di gravi danni in caso di rientro nel Paese di origine; il permesso di soggiorno temporaneo per motivi umanitari. Dall’altro lato però, come con lucidità sottolinea l’Autore, “il garantismo europeo presuppone che chi sia in condizione di profittarne. E senza essere fisicamente in un Paese dell’UE, i diritti proclamati rimangono sulla carta”. Senonché da almeno 30 anni la politica dell’Unione europea va nel senso di rendere il suo territorio vieppiù inaccessibile quella stragrande maggioranza di migranti che per varie ragioni non è in grado di procurarsi il visto di ingresso. E così l’Europa generosa nei principi diventa fortezza  nei fatti sì da impedire che ad essa neppure di affaccino i migranti meritevoli di protezione.

La seconda ragione che consiglia la lettura del libro è data dalla scrupolosa ricostruzione della genesi e delle peculiarità dei corridoi umanitari attivati nel nostro Paese. Nati dalla tenace intuizione –anche giuridica- della Comunità di Sant’Egidio, con il concorrente impegno della Tavola valdese, della Federazione delle Chiese evangeliche, della Caritas, di Migrantes e della Conferenza Episcopale Italiana, i corridoi umanitari si aprono a partire dal 2015 in forza dei Protocolli di intesa via via stipulati con i Governi in carica. I primi ad avvalersene sono per lo più dei cittadini siriani, poi seguiti da libanesi, eritrei, afghani, sudanesi, somali, palestinesi, yemeniti, iracheni, etiopi, nigeriani, ivoriani, camerunensi, congolesi, maliani ed altri ancora. Per raggiungere l’Italia in forza di tali corridoi, e con visto temporaneo, occorre che i beneficiari versino in condizioni di vulnerabilità, vale a dire di fragilità determinata da situazioni personali, età e condizioni di salute. Tra costoro sono certamente da ricomprendere “persone gravemente malate, minori, famiglie con bambini – specie se monoparentali -, anziani, portatori di disabilita, persone con traumi di guerra, vittime di violenze, torture, persecuzioni”. Altrettanto decisivo è che per coloro che entrano nel nostro territorio siano messi nella condizioni di “elaborare un vero progetto di vita” di cui l’accoglienza, l’assistenza sanitaria e l’istruzione – con apprendimento della lingua italiana- costituiscono fattori ineludibili.

L’ultimo ma non meno importante buon motivo per avvicinarsi al  libro  è che vi si trova la dimostrazione virtuosa di come sia possibile rispondere alla migrazione con procedure che siano ad un tempo rispettose delle persone, rigorose, solidali e di comune interesse per coloro che accolgono e che vengono accolti. Dall’Introduzione si apprende che, dal 2016 al 2021, 4.880 sono le persone entrate in Europa per questa via. Si tratta di cifre modeste che offrono soltanto una tiepida mitigazione di un’enorme tragedia. E del resto, lo stesso sottotitolo nel definire i corridoi una – e non la – risposta ad una crisi planetaria, evoca chiaramente  la necessità di muoversi su più piani e con più interventi. Tuttavia non si può non convenire con l’Autore quando ritiene che i corridoi mantengano intatto il valore di esempio perché impegnano attivamente il mondo civile e religioso – che accettano di accollarsene gli oneri-, avviano processi e comunque salvano delle vite. Costituiscono insomma una spinta alla operosa speranza, in controtendenza di un mondo pervaso da indifferenza e rassegnazione. Non è davvero poco.

Testo di Alberto Perduca

Foto: copertina del volume “Corridoi umanitari. Una risposta a una crisi planetaria” di Roberto Morozzo della Rocca

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