Adnan Malik ha 27 anni ed è il titolare di “Ashna Servizi”, un centro di assistenza fiscale e amministrativo che ha aperto i battenti nel gennaio di quest’anno a Torino. È arrivato in Italia dal Pakistan nel 2015, dopo un primo soggiorno in Francia. Ci siamo fatti raccontare la sua esperienza.

 

Adnan è originario di un paese della regione del Punjab pakistano, al confine con l’India, una di quelle terre divise da una frontiera calda, anche se si chiama Punjab da tutte e due le parti.

È il secondo di quattro fratelli e sorelle. È quello che studia, arriva al secondo anno di ingegneria. Però il padre muore e nascono contese tra la sua famiglia e quella del padre, gli zii e i cugini, sulla proprietà dei terreni di famiglia. Le nubi dei litigi e delle minacce si addensano soprattutto sulla sua testa. La madre gli chiede di partire, e lui parte. È il 2013, ha 19 anni.

Dal suo paese ai confini orientali del Pakistan va verso occidente, in autobus, a piedi, in taxi, con ogni mezzo. Giungerà in Francia dopo due anni. Durante il viaggio, si è fermato a lungo, soprattutto in Turchia e in Grecia, dove ha lavorato nei campi. Il viaggio gli è costato circa 5000 euro che gli hanno prestato e che deve restituire.

In Europa non ha parenti e nemmeno amici a cui fare riferimento. Arriva a Parigi nel 2015, fa richiesta di asilo, ma la respingono, intanto si guadagna da vivere, lavorando tutto il giorno, al mattino a distribuire volantini nelle buche delle lettere, alla sera a vendere fiori nei ristoranti e nei bar. Adnan conosce bene l’inglese, la lingua con cui ha studiato, e le lingue del suo paese, l’urdu e il punjabi; comincia anche a masticare un po’ di francese, ma capisce che restare a Parigi con la richiesta di asilo negata non è cosa. Un ragazzo con cui ha fatto un po’ di amicizia gli propone di andare in Italia e insieme partono. Adnan gira per un po’ di città del nord Italia cercando di entrare in un centro di accoglienza, ma dappertutto sono pieni e non c’è posto per lui: Bergamo, Brescia, Treviso, Milano…

 

Torino non la conoscevo” racconta Adnan “non sapevo dove fosse, mi dicono come arrivarci in treno e per le prime due notti, è estate, dormo vicino alla stazione di Porta Susa. Poi mi consigliano di andare in un dormitorio, quello del Sermig. La coda è infinita, così decido di passare le notti successive alle Porte palatine.”

Lì parlando con delle persone incontrate per caso, viene a sapere che c’è una scuola di italiano per stranieri, non troppo lontana. Sono i corsi dell’UPM che comincia a frequentare per imparare la lingua. Fa anche richiesta di asilo e cerca di entrare nel sistema dell’accoglienza.

Anche se ancora non parla bene l’italiano, gli propongono di frequentare il corso per panificatori. Decide di provarci, con grande fatica perché deve imparare sia la lingua sia il mestiere, ma è attraverso questo corso che ottiene il suo primo vero lavoro in una panetteria pasticceria di Borgo Vittoria. E con il lavoro arriva anche il permesso di soggiorno.

Il suo italiano nel frattempo è migliorato al punto che decide di iscriversi a un altro corso, per diventare animatore interculturale. Adnan capisce che quella è la sua strada, gli piace avere rapporti con le persone, sa ascoltare, ha pazienza, entra in rapporto con le comunità dei rifugiati, non solo i suoi compatrioti.

Con un ragazzo somalo, Abdullahi Ahmed, fa parte dell’associazione “Generazione Ponte”, che si occupa di inclusione sociale, coinvolgendo anche i ragazzi di origine straniera che studiano in Italia. La loro idea è che non si può essere stranieri per sempre, che bisogna sentirsi parte del luogo dove si vive, anche se non è quello dove si è nati o di dove è originaria la propria famiglia. E il primo passo è imparare la lingua.

“La lingua” dice convinto Adnan “è la porta che ti fa entrare nella stanza, che è il paese in cui ti trovi a vivere. Se sai la lingua, puoi esplorare la stanza e scoprire tante cose che prima non immaginavi nemmeno.”.

Forte di questa convinzione, anima con altri sei soci l’Associazione Pakistan Piemonte, che riunisce circa 100 volontari, si occupa di aiutare la comunità pakistana, proponendo corsi di italiano, soprattutto per le donne, per favorire la loro integrazione, ma organizzando anche feste, nelle ricorrenze speciali, certo non in tempi di Covid…

Nel frattempo è anche riuscito a rientrare in Pakistan e rivedere dopo tanti anni la madre e i familiari, grazie a un lavoro di interpretariato per un’azienda che produce in Pakistan e importa in Italia i prodotti. Ha anche estinto il debito contratto per affrontare il viaggio…

Veniamo così ai tempi più recenti. Siamo alla primavera dell’anno scorso: tutti chiusi in casa causa Covid. Adnan ha seguito il suggerimento del saggio, secondo cui “paiono traversie ma sono opportunità”.

“Paradossalmente il Covid mi ha fatto bene, mi ha costretto a fermarmi e a riflettere su quello che davvero volevo fare della mia vita. Avevo un progetto in testa, ancora vago, che pensavo di riuscire a realizzare in un futuro più lontano. Volevo aprire un’attività mia, un Centro servizi, in cui mettere a frutto le capacità di rapporto con gli altri, di mediatore e animatore culturale. Invece, chiuso in casa per il lockdown, impossibilitato a fare altro, ne ho approfittato per seguire un corso di sei mesi, online questa volta, per imparare a gestire un patronato Caf. Finito il corso teorico, che mi dava il titolo per poter aprire un centro, è iniziata la parte pratica. Mi sono rivolto a un’agenzia immobiliare per trovare il locale, ho deciso che avrei investito tutti i miei risparmi, così non ho dovuto cercare un finanziamento; e a gennaio Ashna Servizi ha aperto in via Chiesa della Salute a Torino. Ashna in dialetto pashtun vuol dire amico, amichevole. Mi è sembrata la parola giusta per la mia attività.”

 

A differenza di molti altri, non si tratta di un centro di assistenza pensato in particolare per un pubblico di migranti.

“I miei amici pakistani” continua Adnan, “quando ho raccontato dove avevo aperto il mio centro, mi hanno detto: perché così lontano? È scomodo per noi. Ma io non volevo e non voglio essere etichettato come lo straniero che offre servizi agli stranieri. I miei clienti sono in grande maggioranza italiani. Io mi occupo di assistenza fiscale, certificati Isee, rapporti con la pubblica amministrazione ecc., cose che preoccupano tutti, qualunque sia il loro luogo di nascita. Ho cominciato da poco e per ora ho assunto una sola persona, una ragazza pakistana, ma spero con il tempo di ingrandirmi e di dare lavoro anche ad altri. Ho in mente di allargare i servizi da offrire e magari aggiungere anche un’agenzia di viaggi, quando sarà possibile di nuovo viaggiare.”

Adnan ha da poco fatto richiesta del permesso per soggiornanti di lungo periodo e, appena sarà possibile richiederà la cittadinanza italiana, perché, per ribadire le sue parole, “non si può essere stranieri per sempre”.

 

 

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