Dal 14 settembre al 31 ottobre: oltre 70 appuntamenti, più di 200 relatori in 9 città. In Sala Colonne la conferenza stampa di lancio.

Ritorna a Torino – e non solo – per il terzo anno consecutivo la grande manifestazione con cui il nostro Ufficio promuove riflessione e confronto attorno ai temi dell’accoglienza.

Più di 70 appuntamenti in programma quest’anno, diffusi in 40 sedi tra Torino, il Piemonte e altre Regioni: incontri e dibattiti, spettacoli teatrali e musicali, una rassegna cinematografica, mostre fotografiche, presentazioni di libri, appuntamenti per i giovani e iniziative religiose. Un fitto calendario che per 48 giorni coinvolgerà capillarmente il pubblico, le Istituzioni e il mondo del Terzo settore in una riflessione sui significati profondi del verbo “accogliere” e sulle condizioni reali in cui versano i diritti umani in Italia e nel mondo.

Il Festival dell’Accoglienza “E mi avete accolto” si riconferma come appuntamento annuale che unisce la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato – GMMR (domenica 24 settembre), la Giornata della Memoria e dell’Accoglienza (martedì 3 ottobre), la Giornata Europea contro la Tratta di Esseri Umani (mercoledì 18 ottobre) e la Giornata Missionaria Mondiale (domenica 22 ottobre).

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Il 14 settembre si è tenuta in Sala Colonne di Palazzo Civico a Torino la conferenza stampa di presentazione e lancio con gli interventi di:

  • mons. Roberto Repole – Arcivescovo di Torino e Susa
  • Stefano Lo Russo – Sindaco della Città di Torino
  • Pierpaolo Felicolo – Direttore Generale della Fondazione Migrantes
  • Fabrizio Palenzona – Presidente della Fondazione CRT
  • Francesco Profumo – Presidente della Compagnia di San Paolo
  • Sergio Durando – Responsabile dell’Ufficio Pastorale Migranti di Torino e Regionale Migrantes Piemonte e Valle d’Aosta
“E mi avete accolto” – Festival dell’Accoglienza (III ed.): conferenza stampa 2023

Il tema-guida di quest’anno è la libertà: «Liberi di scegliere se migrare o restare» come ha sottolineato Papa Francesco nel suo messaggio per la 109ª Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato (GMMR 2023).

«Certamente la libertà di movimento delle persone rimane un orizzonte importante a cui tendere e per cui lavorare – sottolinea Sergio Durando, curatore del Festival – In questo momento le persone non sono libere, ma sempre più “costrette” a lasciare i loro Paesi o a non potersi muovere e crescono le restrizioni di ogni tipo alla mobilità, soprattutto nei Paesi più ricchi. In particolare – prosegue – stiamo assistendo un po’ ovunque a uno smantellamento del sistema dell’accoglienza. Inoltre, aumentano i conflitti nel mondo e il Festival vuole essere un’occasione per approfondire, attraverso quattro incontri, la situazione critica di cinque Paesi: Sudan, Somalia, Eritrea, Etiopia e Afghanistan (con un focus sulla condizione delle donne). La manifestazione – afferma – rimane uno strumento per condividere e incoraggiare le esperienze di accoglienza che esistono e che sono importanti per tutti: minori, anziani, persone con background migratorio, uomini e donne di ogni età e provenienza. Quest’anno inoltre – conclude il nostro responsabile – ricorrono i 10 anni della tragedia di Lampedusa e per il 3 ottobre è in programma un grande raduno di studenti delle scuole presso lo Stadio Olimpico di Torino».

Il Festival dell’Accoglienza offrirà l’occasione, infine, per portare alla luce anche le storie di territori che hanno saputo e sanno confrontarsi con la mobilità umana, che in silenzio si attrezzano per aprirsi alla multietnicità e alla multiculturalità.

«Il Festival», ha esordito l’arcivescovo di Torino mons. Roberto Repole intervenendo alla conferenza stampa, «mette in evidenza quante persone generose ci sono in questa città, spesso occultate da tutti i problemi che fanno parte della cronaca di tutti i giorni». Tuttavia, ha proseguito, «fare un Festival dell’accoglienza in maniera autentica e non soltanto formale significa cominciare a riflettere anche sulle cause che costringono molte donne e molti uomini a emigrare, e a considerare qui in Occidente che ci sono dei problemi di cui dobbiamo farci carico, anche con un mutamento – se vogliamo – etico ed educativo».

«Accogliere non può significare fermarsi all’emergenza», ha proseguito mons. Repole, «perché quando noi accogliamo delle donne e degli uomini, accogliamo delle storie e delle ferite che hanno poi delle incidenze nei modi di comportarsi», perciò il Festival deve essere «un’occasione per domandarci se ci stiamo attrezzando non soltanto alla prima accoglienza, ma a un’accoglienza che sia in qualche modo costante nel tempo, dinamica e che fa sì che le persone siano integrate in tutta la loro realtà».

E, ancora, «dobbiamo chiederci se siamo attrezzati ad accogliere delle donne e degli uomini per cui credere è normale, vivendo in una società secolarizzata come la nostra, dove abbiamo l’impressione che la quintessenza dell’umano sia non credere». Infine, secondo mons. Repole, il Festival dovrebbe essere spunto per domandarci se «una cultura che è ormai fatta di grida, a tutti i livelli, dove non si ha più neppure la pazienza di ascoltare l’argomentazione dell’altro […] è una cultura capace di accogliere oppure no».

Non ci resta che augurare un buon Festival a tutte e tutti!


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