La differenza di trattamento tra rifugiati ucraini e di altri paesi in guerra; la distanza tra la percezione e la realtà del fenomeno migratorio; le menzogne del governo italiano e di alcuni media.

Il rapporto 2022 della Fondazione Migrantes “Il Diritto d’asilo”, ormai giunto alla sua sesta edizione, racconta di un fenomeno enorme su scala mondiale e in crescita. Se ne è discusso lo scorso 31 marzo a Torino nella sede della Pastorale Migranti, collegando inevitabilmente i contenuti del volume all’attualità.

L’anno scorso il numero di persone in fuga e in cerca di protezione è salito a 103 milioni. La guerra in Ucraina ha contribuito ad elevare il numero di rifugiati, ma ci sono altre 47 guerre nel mondo di cui in Occidente sappiamo ben poco. E non ci sono solo le guerre, persecuzioni, aumento delle disuguaglianze e della povertà, fame, sete, tratta, sfruttamento, per non parlare dei cambiamenti climatici spingono a partire e a chiedere protezione un numero crescente di persone soprattutto dai paesi del sud del mondo.

I rifugiati nella stragrande maggioranza non stanno in Europa, stanno soprattutto in paesi confinanti con quelli da cui fuggono.

I rifugiati però, nella stragrande maggioranza non stanno in Europa, stanno soprattutto in paesi confinanti con quelli da cui fuggono. I rifugiati presenti in Europa sono soprattutto ucraini, per i quali è stata attivata la “protezione temporanea”, una categoria che non era mai stata applicata in precedenza, in particolare né per i siriani nel 2015, né per gli afgani nel 2021, per l’opposizione soprattutto di quegli stessi paesi (Polonia, Ungheria, Slovacchia, Repubblica ceca) che hanno invece accolto il maggior numero di ucraini. Questo tipo di protezione dà la possibilità di ottenere un permesso di soggiorno che consente di vivere e lavorare nel paese ospitante da subito, senza le annose trafile e attese cui sono sottoposti i richiedenti asilo. Ebbene l’arrivo di oltre 4 milioni di ucraini in Europa (di cui circa 150.000 in Italia) non ha avuto alcuna conseguenza sul sistema di asilo e di accoglienza in nessun paese europeo e nemmeno nel nostro.

Il direttore della Pastorale Migranti di Torino, Sergio Durando, introduce la ricercatrice della Fondazione Migrantes, Cristina Molfetta (© Marcos Dorneles per l’Ufficio Pastorale Migranti di Torino)

Allora perché si grida all’invasione ogni volta che qualche centinaio di migranti riesce ad attraversare il Mediterraneo? Non è soltanto una questione di differenza tra percezione e realtà del fenomeno, siamo arrivati alla “menzogna totale”, per usare le parole di Cristina Molfetta, una delle curatrici del Rapporto. Si parla solo degli sbarchi attraverso le navi delle ONG; nulla si dice, ad esempio, degli oltre 7.000 migranti che sono arrivati lo scorso anno in Calabria e che sono stati assorbiti e gestiti dai calabresi senza particolari problemi. Si continua a dire che la maggioranza degli arrivi in Italia sono via mare, mentre invece i due terzi arrivano via terra.

L’arrivo di oltre 4 milioni di ucraini in Europa (di cui circa 150.000 in Italia) non ha avuto alcuna conseguenza sul sistema di asilo e di accoglienza in nessun paese europeo e nemmeno nel nostro.

Si sbandierano “piani Mattei” e “aiutiamoli a casa loro”, quando l’investimento in cooperazione e sviluppo internazionale è ben lontano dallo 0,7% del Pil, come dovrebbe essere. Arriva a uno scarso 0,28%, ma dentro questi stanziamenti ci sono i fondi per gli accordi con la Turchia e con la Libia, per tenere i migranti in campi sul loro territorio e per riportarli indietro se cercano di attraversare il mare, e per i finanziamenti alla polizia nigerina. Stanziamenti che non si possono certo qualificare come aiuti allo sviluppo.

Migranti e rifugiati non sono mai considerati persone con una storia, un progetto di vita, titolari di diritti; sono invece un “problema” che continua ad essere gestito come un’emergenza ormai da più di vent’anni. L’ultimo decreto del governo su questi temi, il cd. Decreto Cutro, approvato dal Consiglio dei Ministri proprio nel luogo del naufragio e della morte di decine di migranti, restringe ancora diritti e protezioni per chi chiede asilo. Peggiora la vita delle persone migranti e rifugiate arrivate nel nostro paese e aumenta il rischio di morte per chi affronta il viaggio dall’altra sponda del Mediterraneo o dalle coste dell’Asia minore, quella da cui arrivava la nave naufragata a Cutro.

Il Decreto Cutro, spiega l’avvocato Livio Neri dell’Associazione Avvocati per niente, cancella l’elenco di indici di cui tenere conto per conferire la “protezione speciale”, una delle forme di protezione destinata a chi non proviene da paesi in guerra: indici che tengono conto, tra l’altro, dei legami creati in Italia, dell’affievolimento dei rapporti con il paese d’origine, della conoscenza della lingua. Questo, insieme alle difficoltà burocratiche, alle norme complesse, alle code per qualunque richiesta, rende la vita di un migrante molto più complicata e faticosa che per chiunque altro e la peggiorerà. L’obbiettivo non detto a chiare lettere, ma che traspare dai provvedimenti del governo, è quello di rendere l’Italia un “ambiente ostile all’immigrazione” come sottolinea Livio Neri. O, per dirlo con le parole di Sergio Durando, “un paese in cui non abbiamo bisogno dell’altro”.

Del resto, è un po’ quello che il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi si lascia spesso sfuggire nelle sue numerose esternazioni. Il proposito del governo non è tanto “governare” il fenomeno della migrazione, ma ridurlo fino a cancellarlo, senza tenere conto dei soggetti che ne sono protagonisti e dei loro diritti. L’effetto che rischia di produrre è un aumento della diseguaglianza, un ostacolo a tutti i processi di integrazione e una maggiore disgregazione sociale.

L’obbiettivo non detto a chiare lettere, ma che traspare dai provvedimenti del governo, è quello di rendere l’Italia un “ambiente ostile all’immigrazione”.

Lo testimonia tra l’altro Yagoub Kibeida dell’Associazione Unire; in Questura la differenza di trattamento tra un profugo ucraino e un profugo proveniente da un paese africano martoriato dalla guerra è abissale. Il primo è uno “special guest” il secondo no e non solo perché il primo ha diritto alla protezione temporanea.

C’è un razzismo di fondo nel messaggio politico e nella comunicazione di molti media: quando si tratta di rifugiati che vengono dall’Africa c’è chi parla di “invasione”, di pericolo di “sostituzione etnica”; tutte cose di cui nessuno ha parlato nel caso dei rifugiati provenienti dall’Ucraina. Non se ne dovrebbe parlare nemmeno per chi proviene da paesi distanti dall’Europa.

Non dovrebbero esserci rifugiati di serie A e di serie B. Il diritto d’asilo è un diritto che la Costituzione italiana riconosce a tutti, indipendentemente da provenienza, religione o colore della pelle. Ma molto spesso nella pratica quotidiana sulle frontiere, nelle questure, in alcune redazioni, ce lo si dimentica, come testimonia il Rapporto Diritto d’Asilo 2022.

Testo di Daniela Garavini

Foto di Marcos Dorneles

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