L’opera dell’artista Rachid Koraichi a Zarzis nel sud della Tunisia, per dare sepoltura ai morti senza nome del Mediterraneo
“Un paradiso in terra” così lo definisce l’artista Rachid Koraïchi. Prima di lui i pescatori tunisini si sono battuti per anni perché anche i migranti sconosciuti avessero una degna sepoltura. Ci racconta di questo gesto di profonda umanità e di rispetto nei confronti di questi migranti che non sono riusciti a raggiungere l’Europa un articolo pubblicato da Avvenire giovedì10 giugno 2021 che qui riportiamo.
Tanti, troppi continuano a essere i corpi che il mare restituisce sulle coste della Tunisia: persone migranti che non ce l’hanno fatta a raggiungere l’Europa.
E così, come lui stesso ha spiegato, l’artista Rachid Koraichi ha deciso di dare una degna sepoltura a quei corpi per lo più impossibili da identificare creando per loro un cimitero chiamato “Giardino d’Africa”. “Vorrei dare a queste persone un primo assaggio del paradiso” ha detto ai giornalisti Koraichi, 74 anni, origini algerine e fede nell’islam sufi.
L’artista, che ha esposto anche a Venezia le sue sculture e le sue opere di calligrafia araba, ha raccontato di aver acquistato un lotto di terreno nel 2018 a Zarzis, nel sud della Tunisia, non lontano dal confine con la Libia.
Il frequente ritrovamento di migranti senza vita sulle spiagge lo ha spinto a dedicare quel luogo alle sepolture.
Il cimitero oggi conta già 200 lapidi curate una a una dall’artista con le poche informazioni a disposizione: su una si può leggere “Donna, con indosso un vestito nero, ritrovata sulla spiaggia di Hachani”. Su un’altra invece è scritto: “Uomo, abito scuro, spiaggia del Four Seasons Hotel”.
Va ricordato che prima del Giardino d’Africa, a Zarzis era stato un gruppo di pescatori tunisini, su tutti Chamseddine Marzoug, volontario della Mezzaluna Rossa tunisina, a fare i conti con il salvataggio dei vivi e la triste conta dei morti, creando un cimitero dedicato alle persone migranti sconosciute.
Avvenire ha più volte raccontato la sua storia: «Sono un cittadino, un volontario e un militante contro il razzismo. Con i vivi e soprattutto con i morti, che sotterro». A parlare è Chamseddine Marzoug, tunisino. È lui l’uomo che salva, raccoglie e dà dignità ai migranti annegati nel Mediterraneo. Ha 56 anni e da almeno un decennio e con scarso aiuto istituzionale, il pescatore e volontario della Mezzaluna Rossa si incarica personalmente di dare sepoltura ai cadaveri che il Mare Nostrum restituisce alle spiagge tunisine.
1956, se non sbaglio; ero una ragazzina, ma “L’arpa birmana” me lo ricordo bene: la storia di Mizushima che dà onorevole sepoltura ai corpi dei commilitoni uccisi per mano degli inglesi; come non ricordare quel canto dell’addio?
Da allora non faccio che leggere di persone che seppelliscono altre persone, corpi di sconosciuti, corpi di uomini e donne come noi. Usque tandem continueremo ad ucciderci e a seppellire i morti? D’altronde “seppellire i morti” è un’opera di misericordia per tutti gli uomini che amano gli uomini………… Verrà il giorno in cui in pace seppelliremo ciascuno i propri cari morti “di vecchiaia”?