Foto ricevute da Oscar Camps
Da lontano sembra una piccola duna di sabbia. Di quelle che lascia la risacca dopo l’alta marea, quando il mare si ritira e sulla battigia restano detriti o mucchi di alghe. Erano bambini, invece. Un corpicino, probabilmente una neonata, è quasi del tutto seppellito. Indossava una tutina a fiori.
Li ha riportati il mare dopo giorni alla deriva. Almeno tre corpi, e poco lontano i resti di un gommone dai tubolari oramai sgonfi. E’ quel che resta di un naufragio, di altre vite perdute senza che alcuno abbia mosso un dito. I morti potrebbero essere decine. E chissà se le correnti li depositeranno da qualche parte.
Secondo Oscar Camps, fondatore di Open Arms, che ha ottenuto le immagini da operatori locali, i naufraghi senza vita “sono stati abbandonati su una spiaggia a Zuara, in Libia per più di 3 giorni. A nessuno importa di loro”. Altre fonti, tra cui la giornalista Nancy Porsia, hanno spiegato che appena rinvenuti sulla spiaggia i cadaveri sono stati presi in consegna dalle autorità che si occuperanno della sepoltura e di conservarne i dati essenziali per una eventuale identificazione.
Foto ricevute da Oscar Camps
Comunque siano andate le cose dopo il naufragio, quei corpi sono una prova di reato. «I governi europei, e anche molta informazione, dicono spesso che queste persone “sono morte”. In realtà, sono state “fatte morire”. Non si tratta di “incidenti” o di “disgrazie” imprevedibili. L’Europa ne dovrà rispondere. Perché queste tragedie si ripetono sotto lo sguardo delle autorità nel Mediterraneo».
Per il fondatore dell’organizzazione di salvataggio spagnola questa ennesima tragedia è il frutto delle politiche “che hanno indotto i governi a negoziare con la mafia libica e così facendo hanno legittimato le organizzazioni criminali, in cambio di qualche barile di petrolio in più e di qualche migrante in meno. Senza chiedere in cambio neanche il minimo rispetto dei diritti umani». E ora l’aumento delle partenze è anche il frutto di quella “trattativa”, con i trafficanti “che alzano il prezzo”, conclude alludendo alle iniziative intavolate per frenare le partenze.
Nei prossimi giorni il premier libico Dbeibah sarà in Italia e certo non sarà una passeggiata negoziare quando i trafficanti continuano a mettere a rischio migliaia di vite, mentre non è cambiata la situazione nei campi di prigionia, dove l’Onu fatica a entrare per le ispezioni.
Foto ricevute da Oscar Camps
Nelle ultime settimane si sono intensificate le partenze nell’area tra Zawyah e Zuara, un distretto in teoria sottoposto a una unica guardia costiera, che pur avendo ricevuto motovedette, addestramento ed equipaggiamento dall’Italia, non riesce a prevenire le partenze e neanche a far rispettare i diritti fondamentali nei centri di detenzione governativi.
In passato proprio a Zuara c’era stato un momentaneo freno al traffico via mare. Nello stesso periodo l’Italia aveva versato le prime rate di diversi milioni alle “municipalità” libiche il cui governo locale è espressione diretta dei clan che controllano il territorio.