Nello Scavo ci racconta sull’edizione del 22 aprile 2021 di Avvenire del Vescovo Michael Wüstenberg, già presule missionario in Sudafrica, che dopo aver  partecipato ai lavori di equipaggiamento della nave umanitaria, ora è in navigazione verso il Mediterraneo come membro dell’equipaggio. 

L’allegra smorfia da vecchio marinaio rassicura chi lo vede armeggiare sul ponte fissando viti e stringendo bulloni. Dice che la sua lunga esperienza lungo i sentieri africani gli servirà. Non è quel che si dice un vecchio lupo di mare, anche se di missioni se ne intende. Michael Wüstenberg, teologo tedesco e già vescovo in Sudafrica, è a bordo della nuova nave dell’ong Sea Eye.

«Sono felice – dice – di aver dato una mano con le riparazioni finali». Ma è solo l’inizio. Sacerdote diocesano, poi missionario, nominato vescovo dal conterraneo pontefice Benedetto XVI, è ora cappellano e marinaio sul grande rimorchiatore che ha preso il posto della “Alan Kurdi”, la nave più volte multata e bloccata dalle autorità italiane. Fino a quando nove diocesi cattoliche tedesche, svariate comunità delle chiese protestanti e centinaia di altri donatori non hanno permesso di acquistare la “Sea Eye 4”. Ci sono voluti sei mesi di cantiere per equipaggiarla e ottenere tutte le abilitazioni. Ora è in navigazione verso la Spagna, dove farà base prima della partenza, entro l’inizio di maggio, in direzione dell’area di ricerca e soccorso al largo delle coste libiche.

Nel 2017, a causa di alcuni problemi di salute, monsignor Wüstenberg aveva dovuto lasciare la comunità diocesana di Aliwal, venendo assegnato a coadiuvare nelle attività pastorali della diocesi tedesca di Hildesheim, a mezz’ora da Hannover. «Come vescovo in Africa, l’approccio europeo all’emigrazione dall’Africa attraverso il Mediterraneo mi ha rattristato a lungo – ha spiegato Wüstenberg poco prima della partenza -. Voglio solo inviare un messaggio: queste missioni sono importanti. E vorrei così esprimere il mio rispetto per gli equipaggi che salvano le persone in pericolo di vita».

Anche per questa ragione ha scelto di salire a bordo durante il viaggio di trasferimento verso la Spagna. Per Wüstenberg «è importante assumersi la responsabilità, che i potenti stati occidentali amano eludere. Parte della responsabilità deve essere quella di modificare di conseguenza la legge sull’immigrazione». Anche perché «nonostante le buone intenzioni di alcuni politici, l’economia coloniale – ribadisce Wüstenberg – e postcoloniale è molto orientata a beneficio dell’Occidente. Qualcosa deve cambiare».

Nel 2013 c’è stato un momento chiave. «La visita di Papa Francesco a Lampedusa – ha raccontato il vescovo ai volontari di Sea Eye -è stato un raggio di speranza. E quella celebrazione su un altare costruito dal relitto di una barca». Un’immagine potente che ha spinto il presule tedesco a progettare di impegnarsi personalmente.

La lezione l’aveva imparata proprio nel Sudafrica che affrontava i fantasmi della discriminazione di Stato. «Batho pele, prima le persone, era il nome di un gioco dopo il periodo dell’apartheid – ricorda monsignor Wüstenberg -. Le chiese insieme avevano imparato a fare rete tra loro e con altri gruppi per il bene dell’umanità. L’apartheid è scomparso, ma non le tendenze a emarginare le persone». Non solo in solo in Sudafrica. «Qualcosa deve cambiare. Ad esempio – osserva – le cause della fuga dal Medio Oriente sono anche un prodotto dell’Occidente, innescato da una reazione a catena, come la guerra in Iraq basata sull’inganno».

Già un anno fa, dopo che don Mattia Ferrari era stato in missione con Mediterranea, avrebbe voluto salire a bordo della “Alan Kurdi”, ma il vescovo Michael fu costretto a rimandare. «Diversi altri vescovi – racconta Wüstenberg – hanno manifestato il loro apprezzamento per la mia scelta. E nei confronti delle organizzazioni di soccorso civile».

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