Foto L’Osservatore Romano
L’Osservatore romano in un articolo pubblicato mercoledì 2 giugno 2021 (che qui riportiamo) da voce alla denuncia dell’Unicef: 1,6 milioni di sfollati a causa dei combattimenti e allarme per le violazioni dei diritti dei bambini nel Tigray. Anche Papa Francesco ha ricordato domenica 13 giugno u.s., dopo la recita dell’Angelus, la popolazione del Tigray, la regione dell’Etiopia che da mesi vive in situazioni di conflittualità e che ora soffre una grave carestia.
Un pressante allarme per le condizioni di insicurezza in cui vivono centinaia di migliaia di bambini nel Tigray e per le gravi violazioni dei propri diritti che continuano a subire è stato lanciato ieri dall’Unicef. Secondo l’agenzia dell’Onu per i diritti dell’infanzia, a quasi sette mesi dall’inizio del conflitto che ha investito il nord dell’Etiopia, sono almeno 1,6 milioni le persone che sono state costrette ad abbandonare le proprie case per sfuggire ai combattimenti e, tra queste, oltre 720.000 sono bambini.
I campi profughi e gli altri siti destinati ad ospitare gli sfollati sono sovraffollati — denuncia l’Unicef — insalubri e insicuri, il che amplifica i rischi di violenza nei confronti delle donne, di abuso e di sfruttamento. «Finora oltre 6.000 minori non accompagnati o divisi dai propri familiari sono stati identificati e registrati al fine di ottenere protezione e assistenza», spiega in un nota Henrietta Fore, direttore generale dell’Unicef. «Temiamo che ci siano molti altri bambini che hanno bisogno di sostegno in aree che non possiamo raggiungere, a causa dell’insicurezza o delle restrizioni di accesso imposte dalle parti in conflitto». Particolarmente a rischio sono le ragazze. Molte sono ancora soggette «a terribili atti di violenza sessuale», ha dichiarato Fore.
Al momento, circa 540 sopravvissuti hanno ricevuto aiuto, ma la mancanza di sicurezza e la paura di rappresaglie lasciano «un numero imprecisato di persone nell’impossibilità di ricevere le cure e i servizi urgenti». Gran parte del Tigray rimane inaccessibile agli operatori umanitari, conclude la nota l’Unicef.
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