(Foto Jan – Unsplash)

Il 3 giugno scorso il Parlamento danese ha approvato con 70 voti a favore e 24 contrari una legge voluta dalla premier, la socialdemocratica  Mette Frederiksen e dal ministro per l’immigrazione Mattias Tesfaye (di padre etiope) che riforma il sistema per la domanda di asilo in Danimarca.

La nuova legge stabilisce  che i richiedenti asilo, al momento della domanda, saranno trasferiti in paesi terzi fuori dai confini europei. Se la domanda fosse respinta il richiedente dovrà tornare nel suo paese di origine; se invece la domanda venisse accolta il richiedente non sarebbe comunque ammesso in Danimarca, ma dovrebbe restare in uno dei paesi non europei con cui la Danimarca sta cercando di stringere accordi. Si parla per ora del Ruanda, dell’Egitto e dell’Eritrea, ma nessun accordo è ancora stato siglato. Da notare che  nel 2019 i richiedenti asilo in Danimarca (popolazione di 5.800.00) sono stati 2716, otto volte meno rispetto al 2015.

Non è il primo provvedimento anti-rifugiati preso dal paese nordico. Recentemente infatti  il governo danese ha dichiarato la Siria e la regione di Damasco “paese sicuro” allo scopo di facilitare il rientro di numerosi profughi siriani, nonostante la situazione nel paese mediorientale sia tutt’altro che pacificata.

L’Unione Europea e l’alto commissariato dell’Onu per i rifugiati hanno fortemente criticato la nuova legge danese.

Per approfondire l’argomento, leggi l’articolo di Giovanni Maria Del Re su L’Avvenire del 4 giugno 2021.

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